LA SCIENZA AD URBINO

La scienza ad Urbino

Il ducato di Urbino è noto per quei meriti artistici che a buon diritto l’hanno reso uno dei maggiori centri del Rinascimento. Accanto alla splendida vicenda artistica, Urbino ha vissuto nel Rinascimento un’altrettanto splendida esperienza scientifica e tecnica. Senza esagerazione si può affermare che mentre nel Quattrocento il contributo di Urbino alla cultura europea è stato nel campo della pittura e dell’architettura, nel Cinquecento è stato nel settore della matematica, della meccanica, della strumentazione. Confrontato con l’attenzione riservata alle arti, il settore scientifico ha avuto finora scarsa considerazione, ciò non toglie che da alcuni anni gli scienziati del ducato di Urbino siano stati oggetto di numerosi studi di autori italiani, americani, tedeschi. Ciò conferma la rilevanza internazionale dell’argomento, e consente in prospettiva di comporre un quadro più esauriente e inclusivo dell’eccezionale Rinascimento urbinate.

Dalla seconda metà del Quattrocento, fino alla prima metà del Seicento, il ducato di Urbino è stato la sede di un vasto dibattito artistico, tecnico e scientifico, che lo ha reso un riferimento culturale unico al mondo. Una della componenti più interessanti di questo fermento culturale sono gli studi dedicati alla prospettiva, cioè le ricerche collegate al problema di rappresentare su una superficie bidimensionale oggetti e paesaggi tridimensionali, nel loro duplice aspetto matematico e artistico. Infatti la prospettiva, oltre che collegamento tra arte e matematica, va anche considerata come esempio di applicazione della matematica alle tecniche, ossia alla cartografia, all’architettura e alla meccanica (si pensi agli orologi solari e agli strumenti prospettici).

Architetti, Ingegneri, Matematici alla corte di Urbino

Leon Battista Alberti (più volte ospite a Urbino del duca Federico da Montefeltro) che nel 1435 pubblica il De Pictura, trattato che descrive la prospettiva soprattutto attraverso delle procedure pratiche Piero della Francesca (1416?-1492), nello stimolante centro culturale creato a Urbino dal mecenatismo di Federico da Montefeltro, riesce per primo a spingere lo studio della prospettiva lungo i binari della codificazione rigorosa e matematica. Nel 1475 egli compone il De Prospectiva Pingendi, opera dedicata al duca Federico, che rappresenta il primo trattato in cui sono esposti in modo matematicamente rigoroso i fondamenti geometrici della prospettiva. Non è superfluo notare che Piero della Francesca, oltre ad essere il grande pittore che tutti conosciamo, è anche autore di opere di argomento puramente matematico, come il “Libellus de quinque corporibus regularis”, opera ripresa e pubblicata a Venezia nel 1509 da Luca Pacioli (1445?-1517) nella terza parte del “De divina proportione”. Il vero distacco tra lo studio della prospettiva finalizzata alla pittura e all’architettura, e la sua formalizzazione puramente matematica, viene fatta risalire a due studiosi: l’urbinate Federigo Commandino (1509-1575) e il suo grande allievo, il pesarese Guidobaldo del Monte (1545-1607).
Tra Cinque e Seicento si succedono a Urbino tre generazioni di scienziati. Il fondatore della scuola matematica urbinate è Federico Commandino (1509-1575) uno dei massimi matematici-umanisti europei. Suo allievo è Guidobaldo Del Monte (1545-1607) che inaugura gli studi sulla meccanica ed è noto come “sponsor” di Galileo Galilei. Seguono Bernardino Baldi (1553-1617) e Muzio Oddi (1569-1639), il primo geniale personaggio che spazia dalla meccanica, agli automi, al recupero delle tecniche antiche, il secondo si specializza nella strumentazione scientifica.

Li affianca un’officina di strumenti scientifici di cui si serve anche Galileo. Accanto troviamo un vivace ambiente tecnico, soprattutto di ingegneri militari che partecipano alle numerose guerre in Italia e in Europa. Commandino traduce le opere di Tolomeo sul planisfero e sugli orologi solari, corredandole di commenti e ampliamenti, e si occupa pure esplicitamente di prospettiva nel Federici Commandini Urbinatis e in Ptolemaei Planisphaerium Commentarius. Egli venne chiamato “Restaurator Mathematicarum”, a tal punto che i suoi studi furono fonte di ispirazione anche per Halley e Newton. Guidobaldo del Monte, matematico scrupoloso e rigoroso, oltre a occuparsi di meccanica e di astronomia, pubblica a Pesaro nel 1600 i Perspectivae libri sex, trattato pressoché esauriente dell’intera disciplina, opera in cui riesce a dimostrare in modo rigoroso molti dei metodi utilizzati empiricamente da pittori, architetti e ingegneri dell’epoca. Frequentando la corte di Urbino, Guidobaldo studiò la meccanica, la scenografia, inventò strumenti e stabilì contatti con Galileo, al quale fornì supporto finanziario e persino una “raccomandazione” per ottenere la cattedra all’università di Padova nel 1592. Non possiamo fare a meno di menzionare lo studioso urbinate Bernardino Baldi (1533-1617) che nella Cronica dei Matematici, pubblicata a Urbino nel 1707, delineò la prima storia delle matematiche. Da quanto detto, risulta evidente che il rigore matematico e artistico che si è sviluppato alla corte di Urbino ha creato le premesse per un nuovo orientamento nell’arte e nell’architettura, e ha costituito terreno fertile per la formazione di tanti altri personaggi, tra cui spiccano l’insuperato pittore urbinate Raffaello Sanzio (1483-1520) e l’architetto Donato Bramante (1444-1514), i quali riuscirono a sfruttare a pieno, nei rispettivi campi di specializzazione, le conoscenze del Rinascimento matematico promosso dal mecenatismo di Federico da Montefeltro e coordinato da Piero della Francesca.

Ma il Cinquecento è anche il secolo in cui nasce il nuovo teatro, la scena diventa il luogo deputato, quindi organizzato e disegnato, per dare una forte impressione spaziale. E’ la prospettiva accelerata alla quale Guidobaldo del Monte dedica la parte finale dei Perspectivae libri sex. In effetti già dagli inizi del Cinquecento nel ducato di Urbino il teatro aveva esordito con allestimenti eccezionali realizzati tra l’altro dall’architetto Girolamo Genga (1476-1551) che avevano fortemente impressionato un altro insigne architetto, il bolognese Sebastiano Serlio. Nel 1638 l’architetto pesarese Nicolò Sabbatini (1574-1654) pubblica la Pratica di fabricar scene e machine ne’ teatri, primo trattato di scenotecnica dato alle stampe, e come prosecutore troviamo il fanese Giacomo Torelli (1604-1678) uno dei massimi esponenti della scenografia barocca europea.

Urbino e l’utopia matematica

L’illustre storico dell’arte André Chastel nell’opera sui Centri del Rinascimento afferma che Urbino fu la sede principale in Europa dell'”umanesimo matematico”. Giustamente Chastel attira l’attenzione su un fondamentale elemento della cultura rinascimentale urbinate, aprendo così la scena sia a una serie di personaggi, sia a un peculiare modo di avvertire e di rapportarsi alla realtà. In effetti la matematica, con tutte le sue sfaccettature e i cambiamenti di stato, diventa lungo il Quattrocento e il Cinquecento una presenza importante nel dibattito che anima la corte urbinate. Nel secondo Quattrocento con la presenza di quel sommo pittore e altrettanto sommo matematico che fu Piero della Francesca (1415-1492), ma anche con la presenza di quell’abilissimo propagandista di cose matematiche che era frate Luca Pacioli (1445-1517). Sempre in quegli anni si stabilisce a Urbino Paolo da Middelburg (1446-1534), medico, astrologo, matematico, nonché futuro vescovo. Completano il quadro grandi architetti come Luciano Laurana e Francesco di Giorgio Martini (1439-1502). Si viene a formare un originalissimo “mix” che intreccia la matematica con le proporzioni della prospettiva, con la valenza simbolica delle figure geometriche, prime fra tutte i poliedri, con i rapporti spaziali tra volumi dell’architettura, con le armonie celesti dell’astronomia e astrologia, allora inscindibilmente legate. Cambia secolo, ai Montefeltro succedono i Della Rovere, ma l’impulso matematico permane. Dopo un Quattrocento ricco di spunti, di suggestioni, fantasioso e tentacolare, gli obbiettivi si precisano, s’individuano percorsi, si scartano vicoli ciechi. Si può dire che il Cinquecento trasforma l’utopia matematica quattrocentesca in un programma, poi in un progetto, infine in un nuovo inizio. Ma non c’è contrapposizione tra secoli, il Quattrocento aveva squadernato la potenziale vastità di un “mondo matematico”, il secolo successivo inizia ad esplorarlo regione dopo regione, altura dopo altura. Soprattutto il Cinquecento trova la bussola indispensabile per questa esplorazione: la bussola è il rigoroso ricupero della scienza antica. Ecco allora che autori come Archimede, Euclide, Apollonio, Pappo diventano attuali, contemporanei, “colleghi di un’altra università”, ecco che si riprende il filo di un lavoro scientifico rimasto fermo per secoli, forse perché giudicato inutile, ma che adesso si mostra necessario e urgente. Il protagonista di questa seconda temperie matematica è l’urbinate Federico Commandino (1509-1575) infaticabile e geniale restauratore e traduttore dei matematici antichi, la persona che fa ripartire le ricerche matematiche di Archimede. Commandino fa scuola, i suoi discepoli più dotati sono Guidobaldo Del Monte (1545-1607) e Bernardino Baldi (1553-1617). Si diceva di un’utopia matematica che a Urbino diventa progetto e prime realizzazioni, questa non è celebrazione retorica e neppure esagerazione. I matematici urbinati sono in primissima fila tra coloro che hanno gettato le basi della scienza moderna, sono tra i primi attori della rivoluzione scientifica. I testi del Commandino sono spesso citati da personaggi come Keplero, Huygens, Cartesio. La versione commandiniana deli Elementi di Euclide rimane in uso fino a tutto il Settecento in numerose università inglesi. Guidobaldo Del Monte pubblica nel 1577 il primo testo di meccanica dato alle stampe, sempre Del Monte è il primo a comprendere il genio di Galileo che generosamente aiuta a ottenere la docenza presso le università di Pisa e di Padova. Sono solo alcuni riscontri per evidenziare il peso che l’incredibile e unica vicenda urbinate ha avuto nella nascita della nuova scienza in secoli in cui si era ben lontani dal prevedere quelli che sarebbero stati gli sviluppi futuri. Un’utopia che si è dimostrata preveggenza.

Federico Commandino

Commandino è il tipico frutto della cultura rinascimentale urbinate. Il nonno era segretario del duca Federico. Il padre, l’architetto militare che edifica le mura di Urbino, cura l’educazione umanistica del figlio che giovanissimo apprende greco e latino. Segue l’esperienza romana come cameriere segreto di papa Clemente VII. Passa poi a Padova iscrivendosi alla facoltà di medicina. Il periodo padovano dura 10 anni e risulta dispersivo “per gli sviamenti che portano seco le servitù e i corteggi”. Ottiene la laurea presso l’Università di Ferrara intorno all’anno 1550. Torna a Urbino, si sposa, poco dopo la moglie muore, questo fatto segna una svolta nella vita del Commandino, abbandona la medicina “trovandola fra le arti fallacissima” e si dedica alle matematiche. Gli anni che seguono lo vedono al servizio del duca di Urbino Guidubaldo II Della Rovere, del cardinale Ranuccio Farnese cognato del duca. Frequenta gli ambienti culturali di Bologna, Venezia, Roma sempre a caccia dei codici matematici greci. Si circonda di un gruppo di allievi tra cui spiccano Torquato Tasso, il futuro duca Francesco Maria II, Guidobaldo Del Monte, Bernardino Baldi. Ben 13 sono le opere che pubblica dal 1557 al 1575, tra cui spiccano quelle di Archimede. La morte lo coglie mentre nella sua casa il torchio da stampa sta imprimendo le ultime pagine degli Elementi di Euclide.

Guidobaldo Del Monte

Figlio di Ranieri, esperto architetto militare nonché astrologo, Guidobaldo è il più scientificamente dotato tra gli allievi del Commandino. La sua formazione avviene interamente nell’ambito del ducato tanto che, quando nel 1564 frequenta l’Università di Padova, dopo un anno torna ad Urbino trovando il livello degli insegnamenti molto basso. A 14 anni sposa Felice figlia naturale del duca Guodubaldo II da cui avrà 17 figli. Partecipa alla guerra di Ungheria contro i turchi. Nel 1588 è nominato Visitatore generale delle fortificazioni del Granducato di Toscana, in questa occasione incontra Galileo e insieme fanno prove di tiro con le artiglierie. Aiutato anche dal fratello – il cardinale Francesco Maria Del Monte noto come “sponsor” del Caravaggio – raccomanda con successo Galileo per la docenza presso le Università di Pisa e di Padova. E’ autore del primo libro di meccanica dato alle stampe in Europa, Pesaro 1577, inoltre prolunga l’opera del Commandino editando l’opera meccanica di Archimede. Per dissapori con il duca Francesco Maria II, suo amico d’infanzia nonché fratellastro della moglie, viene confinato nel feudo di Mombaroccio fino al 1605. Muore a Pesaro due anni dopo.

Muzio Oddi e Bernardino Baldi

Bernardino Baldi impara matematica in modo teorico-pratico, studiando sotto la guida del Commandino e intagliando le matrici di stampa delle opere del Commandino. Nel frattempo si scatena tutta la sua voracità culturale. Oltre al greco e al latino conosce l’ebraico, l’etrusco – così presume -, le lingue orientali come l’aramaico e il persiano. E’ anche storico, poeta, editore di testi antichi. Precettore di don Ferrante Gonzaga diventa nel 1585 abate di Guastalla, ma è in continuo movimento tra Roma, Milano, Urbino. In seguito a contrasti sorti in loco, rinuncia alla carica di abate e torna a Urbino. Il duca Francesco Maria II gli affida incarichi diplomatici. Come poeta il Baldi è anche poeta delle tecniche, dedica poemi alla navigazione, alla bussola, all’artiglieria. Importante è il suo commento alla Meccanica di Aristotele, dove assume un atteggiamento critico che trova la disapprovazione di Muzio Oddi.

Muzio Oddi tra quelli citati è il personaggio con l’esistenza più travagliata. Dopo un apprendistato presso la bottega del Barocci senza buon esito a causa di difetti visivi, si dedica all’architettura sotto la guida dello zio l’architetto Genga, e alla matematica mettendosi in contatto con Guidobaldo Del Monte. Nel 1596 diventa architetto ducale, progetta la nuova cupola del Duomo di Urbino. Nell’estate del 1599 passa i primi guai con la giustizia per aver pescato in riserva e aver fatto il bagno nudo nel Metauro. Reintegrato nell’incarico, due anni dopo per una contestazione sui lavori prende a pugni un incaricato del duca dandosi poi alla fuga perché in casa sua vengono trovati oggetti appartenenti al guardaroba ducale. Si rifugia presso la Repubblica di Venezia e invano il duca chiede l’estradizione. Lo troviamo così architetto presso la Santa casa di Loreto. Nel 1605 il duca concede un’amnistia per la nascita del sospirato erede Federico Ubaldo, l’Oddi è di nuovo libero a Urbino. Passa neanche un anno e l’Oddi è di nuovo sotto processo, questa volta l’accusa è di coinvolgimento in una congiura contro il duca. Trascorre quattro anni di prigionia a Pesaro a Rocca Costanza, poi nel 1610 la detenzione è tramutata in esilio a Milano. Nel 1625 è a Lucca per dirigere il completamento delle mura. Nel 1631 muore il duca, ma solo nel 1636 l’Oddi riesce a tornare in patria dove ricopre la carica di Gonfaloniere e fa istituire presso l’Università l’insegnamento di Matematica da lui ricoperto.